La moda inizia un nuovo ciclo all’insegna dell’etica sostenibile tra innovazione e consapevolezza. Un vero e proprio cambio di rotta che presto sarà una comune realtà. Ad Ibiza questo trend naviga l’onda ormai da anni e si riassume in una parola: responsabilità.
Ce ne parla Angelica Alberti, in arte “Angelichic”, architetto e affermata blogger italiana esperta di moda, beauty e lifestyle, dal 2013 su www.angelichic.com/ e sul canale Instagram Angelichic @angelicaalberti.
A partire dal 2018, 48 marchi e grandi gruppi nel mondo hanno firmato la Carta dell’Industria della Moda a favore della salvaguardia del clima, sotto l’egida delle Nazioni Unite. Si sono impegnati ad unire le forze per ridurre le emissioni di gas serra del 30% entro il 2030. Una scommessa ambiziosa, ma inevitabile sapendo che la moda è uno dei settori più inquinanti al mondo. D’altra parte, anche le aspettative dei consumatori sono cambiate, soprattutto in questi ultimi anni. Migliori condizioni di produzione e maggiore trasparenza sono le fondamentali esigenze di una nuova moda, pronta a firmare una sorta di manifesto per dare vita a creazioni davvero etiche. Ma, in un settore tanto competitivo, quanto i grandi e piccoli gruppi sono pronti a mettere in comune le proprie risorse per preservare il pianeta?
Questo percorso deve stabilire una mappatura dei processi sostenibili e quindi, utili a ridurre l’impatto ambientale. Il mondo fashion è molto di più di semplici capi di abbigliamento, è un messaggio che si vuole trasmettere, una sfida virtuosa che esiste da decenni nell’isola di Ibiza, palcoscenico di proposte basate su scelte di produzione poco impattanti sull’ambiente, prodotti confezionati con materiali naturali ed uno stile ispirato alla tradizione. Tra le realtà più note di Eivissa emerge “Adlib Ibiza”, un marchio a denominazione d’origine che difende l’artigianalità dell’isola e il talento dei 15 stilisti che creano collezioni uniche. Forza trainante del progetto è il Consell Insular d’Eivissa che sostiene una moda virtuosa e le tradizioni che l’accompagnano. Il nome del marchio fu coniato da uno dei suoi creatori, José Colomar, all’epoca vicepresidente del Fomento del Turismo de Ibiza, un ente che insieme alla Camera di Commercio sostenne e consolidò il marchio nato con l’espressione latina “ad libitum”, che significa “libertà”. Adlib si sviluppa con l’arrivo del movimento hippie nelle Pitiusas che desiderava valorizzare delicatezza e genuinità dei materiali naturali e la loro lavorazione artigianale. Venne inaugurato nel 1971, in occasione della “Settimana della Moda di Ibiza”, un progetto antesignano che ha sempre puntato sulla qualità artigianale dei capi e sul rispetto della natura. Oggi giorno, diverse aziende dell’isola seguono questo fil rouge con successo. Sono numerose le realtà imprenditoriali che celebrano l’uso di materiali naturali per la produzione delle collezioni e che consolidano, anche nel “piccolo” di una realtà insulare circoscritta, una “coalizione” di aziende impegnate nello sviluppo di una moda sostenibile, che protegga la biodiversità e la salvaguardia dell’ambiente.
Se fino a qualche anno fa, termini come “eco friendly” o “green” erano quasi del tutto sconosciuti, oggi i brand e negozi fanno a gara per proporre capi di questo genere contrassegnati da etichette “prodotto responsabile”. Queste assicurano che il capo sia di lunga durata e di minimo impatto ambientale. Un metodo attendibile per riconoscere il fenomeno del greenwashing, un neologismo inglese che può essere tradotto come ambientalismo di facciata. Nella moda Ibiza è un esempio virtuoso, e con un pizzico di orgoglio può vantare una consapevolezza acquisita in tanti anni di responsabilità.